Rinunciando all’Olimpiade di Tokyo per preparare nei migliori dei modi i tornei Atp a venire, il giovane talento italiano si assume una grossa responsabilità. Che succederà se i risultati non fossero quelli sperati? A quali critiche potrebbe andare incontro avendo “tradito” bandiera e spirito olimpico? Cerchiamo assieme di analizzare la situazione.
La disdetta tardiva alla convocazione olimpica da parte di Jannik Sinner rappresenta uno spiacevole incidente di percorso, sia per la giovane carriera del tennista altoatesino sia per la spedizione italiana, che perde un elemento importante della sua formazione, ma per fortuna non la possibilità di schierare un quarto giocatore: Sinner infatti verrà sostituito da Musetti -sembra ufficiale dopo un walzer di dichiarazioni contrastanti sulla legittimità della sostituzione- grazie a una clausola presente sul regolamento olimpico riguardo i cambi a iscrizione chiuse. A difendere i colori italiani a Tokyo nel singolare maschile saranno quindi Matteo Berrettini, Lorenzo Sonego, Fabio Fognini e Lorenzo Musetti.
Ma cosa si cela dietro il motivo di questa sofferta scelta da parte dell’allievo di Riccardo Piatti?
La scarsa condizione tennistica mostrata nelle ultime uscite (ultima in ordine cronologico la cocente sconfitta di primo turno a Wimbledon con Fucsovics) e la volontà dichiarata di lavorare duramente sul proprio tennis per tornare a essere “a livello” per la sessione sul cemento americano di luglio/agosto.
Per carità, l’intento, dato il periodo negativo trascorso, potrebbe sembrare dei più nobili e sinceri, ma il rifiuto a partecipare a una competizione suggestiva come l’Olimpiade non può che portare inevitabilmente con sé uno strascico di riflessioni (e verosimilmente polemiche, soprattuto “social”).
Ariake Tennis Park, struttura che ospiterà il torneo olimpico di Tokyo
É corretto negare a un ragazzo di nemmeno vent’anni la possibilità di vivere un’esperienza unica come quella olimpica e di poter rappresentare positivamente (al di là del risultato ottenuto) la propria bandiera?
Non possiamo entrare nella testa di Jannik, carpire il suo stato d’animo dopo le recenti batoste o sapere con precisione se la scelta sia stata strettamente personale o suggeritagli dal Piatti-team. Ma in ogni caso, la risposta al quesito -almeno per chi scrive- è un perentorio no.
Quale occasione migliore della competizione olimpica, tutto sommato sgravata da pressione (no punti, no soldi, no calcoli e un'importanza considerata in qualche modo secondaria dalla tradizione tennistica), per cercare di ritrovare la condizione e la serenità andata perduta lungo questo tortuoso 2021?
Il ragazzo è stressato, è innegabile. Da quando s’affacciato sul circuito maggiore, è stato tutto un continuo e lungo rincorrere un miglioramento esponenziale attraverso la filosofia stacanovista piattiana, quella dell’allenarsi sempre e comunque e del giocare più partite di qualità possibili (le famose 150) per arrivare al livello auspicato (vincitore 1000/Slam). Il metodo ha funzionato meglio del previsto fino alla finale del master 1000 di Miami, poi qualcosa s’è inceppato. La pressione mediatica a cui il ragazzo è stato sottoposta dai media-avvoltoi s’è rivelata prevedibilmente un boomerang. Alcune lacune tecniche e tattiche (incisività al servizio, assenza di un piano B nei momenti di scarsa lucidità da fondo, gioco di rete poco efficace) si sono improvvisamente fatte sentire come macigni sulle spalle fragili del rosso di San Candido, una volta venuta a mancare la sicurezza acquisita del periodo crescente e un briciolo di brillantezza atletica.
Non so se sia corretto tirare in ballo il concetto di over-training, forse esagerato per uno sport a componente tecnica come il tennis (sovrallenamento presente in maggior misure nelle discipline di endurance), ma una sindrome da affaticamento (più mentale, a rigor di logica più probabile) ha contribuito a smussare all’improvviso il talento cristallino di Sinner, riducendone picchi di prestazione e capacità di essere decisivo nei momenti chiave dei match (emblematico a riguardo la difficoltà di tenere il servizio a ridosso del traguardo -set o match che sia- evidenziata negli incontri persi con Hurkacz a Miami, Popyryn a Madrid e Draper al Queen’s).
E un po’ forzato e riduttivo parrebbe anche affibbiare al tutto l’appellativo di “sindrome da Sophomore”, la crisi mistica che colpisce sovente i giocatori Nba al secondo anno nel campionato maggiore, spenti all'improvviso sul più bello dopo aver esordito brillantemente da Rookie l’anno precedente, per la serie "confermarsi è sempre più complicato che vincere all'esordio".
Ho come l'impressione di un Sinner che si stia intestardendo sul voler raggiungere, prima del natural dovuto, obiettivi al momento più grandi di lui. C’è tutto il tempo per crescere ancora, senza forzare la mano ed esporsi a scelte impopolari come il rinunciare all’Olimpiade di Tokyo.
Riccardo Piatti mentre fornisce indicazioni alla sua "creatura", Jannik Sinner
Cosa succederà, a livello mediatico, se nei tornei di avvicinamento agli Us Open i risultati sul campo continuassero imbarazzati a latitare? Non oso immaginare lo storm-shit a cui il povero Jannik potrebbe essere sottoposto. Non sarebbe stato meglio andare a Tokyo, senza troppe aspettative, provare a divertirsi in campo, vivere al meglio l’atmosfera del villaggio olimpico (nonostante le forti limitazioni a cui gli atleti saranno sottoposti nella "bolla" anti-pandemia) e dare tutto per la maglia italiana, invece di torturarsi di sedute tecnico-atletiche sotto il sole cocente di Bordighera o Montecarlo che sia? E che opinione avranno di Jannik i colleghi italiani che pagherebbero pur di avere una chance di partecipare a un torneo olimpico? E i tifosi lo difenderanno o passeranno a criticare il ragazzo oltre ogni ragionevole misura? Tutti questi dubbi verrebbero certo spazzati via in caso di forma smagliante ritrovata per i prossimi impegni...ma se questo non accadesse?
I rischi che sta correndo Sinner sono elevati, e con lui nell’occhio del ciclone potrebbe cadere anche lo storico coach Riccardo Piatti, allenatore sul quale risulta difficile alzare critiche sul piano tecnico, ma che dal punto di vista del carisma da vincente lascia aperti spiragli di dubbio e perplessità. Non vorrei che la maniacale ricerca della perfezione (che nel tennis è fondamentale come approccio a patto non diventi una malsana fissazione ) e l’ossessione per una grande affermazione sportiva al seguito di un suo atleta (anche se Ljubicic al 3 del ranking forse supererebbe ancora ogni successo futuro), possa ritorcersi contro il tecnico di Como e il suo pupillo. Banale scriverlo: spero vivamente di sbagliare, e anche di grosso. Mi auguro infatti di cuore di rivedere Sinner luccicare presto, magari sui campi di Flushing Meadows, raggiungere un traguardo insperato sul cemento americano. E in futuro, farsi perdonare facendo grandi cose nelle prossime edizioni olimpiche: il 2024 non è poi così lontano e Jannik sarà ancora più formato e competitivo per spingersi fino in zona medaglie.
Nel brevissimo periodo, posso solo augurare un periodo redditizio di sano training al duo di Bordighera e un grande torneo olimpico a Fognini, Sonego, Musetti e Berrettini. Anzi, per quest’ultimo aggiungerei un grosso in bocca al lupo per la seconda settimana di Wimbledon. Daje Matte’, sulla scia dell’entusiasmo per la nazionale di calcio, nulla in questa primo scampolo di luglio ci è precluso.
Comments