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Immagine del redattoreMassimo Gaiba

Italiani d'Argentina, Franco Agamenone

Aggiornamento: 15 gen 2022

Lo scorso anno Franco Agamenone è tornato in Italia, facendo il percorso inverso del bisnonno. Non solo ha recuperato le proprie radici ma ha chiuso in top 200 una stagione assolutamente straordinaria.



Giuseppe Agamennone era nato nel 1892 in provincia di Cuneo e, subito dopo la grande guerra, si era imbarcato per l’Argentina, alla ricerca di un mondo migliore per sé e per i suoi discendenti. Uno di questi, il 28enne Franco Agamenone (una enne si è persa in qualche ufficio dell’anagrafe argentina) ha fatto il percorso inverso, poco più di un secolo dopo. Invece della proverbiale valigia di cartone aveva con sé le racchette da tennis, ma la stessa speranza di poter migliorare la propria vita. Adesso vive a Lecce con Alfonsina, la sua ragazza. E’ lì che lo abbiamo raggiunto telefonicamente, approfittando di una pausa tra due sedute di allenamento, in preparazione della prossima stagione, che dovrebbe essere quella della conferma, dopo un 2021 superiore ad ogni più rosea aspettativa.


Buongiorno Franco, raccontami come mai hai lasciato l’Argentina, il paese dove sei nato, per tornare nella terra dei tuoi bisnonni.


E’ stata una scelta di vita importante, in Argentina la crisi economica era talmente dura che, qualche tempo fa, abbiamo cominciato a valutare questa opportunità assieme ad Alfonsina, la mia ragazza. Le motivazioni erano tante, a cominciare dal fatto che non esistevano problemi burocratici visto che io ho sempre avuto il passaporto italiano. Poi in questo modo avrei potuto programmare meglio la mia stagione, considerando che la maggior parte dei tornei è qui in Europa e che già prima stavo da questa parte dell’oceano almeno cinque mesi l’anno.



Come mai quando sei tornato in Italia ti sei stabilito a Lecce?


Perché proprio qui ho cominciato a giocare il campionato a squadre col Circolo Tennis Stasi. E mi sono trovato talmente bene che abbiamo pensato che Lecce fosse un ottimo posto dove vivere.


Proprio a Lecce c’è stato l’incontro decisivo con coach Andrea Trono.


Vero, è grazie a lui, a Paolo Capano il preparatore atletico e alla mental coach Mirta Iglesias che è successo tutto quello di buono che mi è capitato in questa stagione.


Ne riparleremo, intanto dimmi cosa ti manca dell’Argentina, se ti manca qualcosa.


Certo che mi mancano delle cose, soprattutto la famiglia: babbo, mamma e fratello. Poi i cugini, due nonne e tutti gli amici. Devo però dire che qui mi trovo benissimo, non solo perché il Salento è splendido ma soprattutto perché gli italiani hanno una sensibilità molto simile a quella degli argentini. Mi hanno fatto sentire a casa fin dal primo giorno.


E l’asado non ti manca?


Quello no perché a Lecce fortunatamente ho trovato un macellaio che vende dell’ottima carne, dal taglio argentino.


Torniamo al tennis: quali miglioramenti ha portato Andrea Trono nel tuo gioco?


Fondamentalmente abbiamo modificato la battuta, accorciando i tempi di preparazione. Prima mi lanciavo la palla molto in alto e battevo quasi sempre in kick, facendo un movimento in due tempi. Adesso ho velocizzato il colpo e questo ha portato dei vantaggi anche all’inizio dello scambio, permettendomi di prendere subito l’iniziativa. Poi abbiamo lavorato tanto sul diritto e sul gioco a rete.


Quest’anno non hai giocato le finali play-off di serie A2 con lo Stasi perché eri infortunato. Cosa ti era successo?


Un piccolo strappo al quadricipite da cui adesso sono guarito. Mi è dispiaciuto molto non aver potuto dare una mano proprio nel momento decisivo della stagione. Ma probabilmente non sarebbe cambiato molto perché il TC Prato è una squadra molto forte e ha decisamente meritato la promozione.


Quando ci siamo sentiti cinque mesi fa parlavamo delle tue cinque vittorie nei Futures. Dopo ci sono stati i due Challenger di Praga e Kiev e adesso stai addirittura per esordire nel tuo primo Slam. Un cambiamento epocale, direi.


Guarda, quest’anno speravo di migliorare ma che potessi farlo così tanto e così velocemente non potevo certo immaginarlo. Il mio mondo è radicalmente cambiato.


Hai giocato una stagione incredibile. Dove ti eri nascosto i 27 anni precedenti?


Dove mi ero nascosto? (ride, ndr). Non lo so, me lo chiede sempre anche il mio coach.


Quest’anno hai giocato tantissimo, ben 104 match con 81 vittorie. Una percentuale altissima, con alcune situazioni in cui sembrava semplicemente che tu non potessi perdere. Mi viene in mente la finale del Challenger di Kiev contro Sebastian Baez, uno dei dominatori della stagione. Nel primo set eri sotto 5-1. Che ricordo hai di quella partita?


Sì, cominciai sbagliando parecchio. Probabilmente non ci credevo fino in fondo. Poi, a poco poco, ho preso fiducia e ho cominciato a giocare un tennis più attivo, come mi raccomanda sempre Andrea. Dopo non sbagliavo più niente ed effettivamente ho dominato, portando a casa la partita 7-5 6-2.



A inizio anno eri 675 ATP, in luglio eri già risalito al 380 e adesso sei 198, di gran lunga il tuo best ranking. Il 10 gennaio iniziano le qualificazioni degli AO.

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione sia in termini di risultati che di classifica?


Parto per l’Australia il 26 dicembre e la prima settimana di gennaio giocherò il Challenger 80 di Bendigo che mi servirà da preparazione. Quanto alle mie aspettative, come classifica mi piacerebbe finire la stagione in top 100. So che è un percorso difficile ma oggi mi sento meglio di come mi sentivo nello stesso periodo dell’anno scorso quando stavo facendo la preparazione invernale. Quindi sono molto fiducioso. Come risultati prenderemo quel che verrà, ben sapendo che in ogni caso sarà durissima perché in top 200 giocano tutti molto bene.


Guardando i tuoi risultati di quest’anno ho notato due piccole macchie: sei sotto 0-2 sia con Andrea Vavassori che con Francesco Forti.


La spiegazione principale è che sono due giocatori piuttosto forti, poi non è che io sia una macchina e allora può capitare il giorno in cui gioco male. Senza dimenticare che Vavassori ha un gioco molto fastidioso: col suo gran servizio e il gioco di volo non ti lascia mai prendere ritmo.


Quando non sei in giro per tornei o non ti alleni, come passi il tuo tempo?


Guardo Netflix e ascolto musica, soprattutto cumbia (musica popolare di origine colombiana). Poi ho in programma di andare a visitare il sud del Salento che mi dicono essere bellissimo.


Chi sono i tuoi migliori amici nel circuito?


Herman Casanova (n.322 ATP) e Pedro Cachin (n.245 ATP). Tra gli italiani sono molto amico di Daniele Capecchi (n.596 ATP).


Dimmi di Luciano Darderi, l’altro tennista italo-argentino che sta facendo parlare di sé.


Lo conosco bene. E’ un giovane molto promettente con un gioco aggressivo e tanti margini di miglioramento. Mi piace molto.


Segui altri sport?


Mi piace tanto il calcio e sono tifosissimo del River Plate. L’ultima estate è stata fantastica perché l’Italia ha vinto i campionati europei e l’Argentina la Coppa America. Chi più felice di me?


Una domanda un po’ scomoda, nel 2019 sei stato squalificato 10 mesi per doping, anche se poi le accuse si sono molto ridimensionate.


In Argentina ero cliente di un medico dello sport molto famoso che mi aveva prescritto integratori e proteine. Nel 2018 al Future di Pinamar in Argentina mi fecero il controllo antidoping e un mese dopo, mentre giocavo il Challenger di Roma, mi comunicarono la positività. Mi cadde il mondo addosso perché in coscienza sapevo di non avere fatto niente di male. Fu un brutto momento, anche se alla fine la Federazione Internazionale riconobbe la mia buona fede, condannandomi solo per negligenza, cioè la pena più lieve.


Grazie del tuo tempo Franco, ti facciamo i migliori auguri di Buone Feste e sono convinto che ci risentiremo presto, probabilmente per ricordarci di quando eri solo n.198 ATP.


(Ride, ndr), speriamo, intanto contraccambio gli auguri ai lettori di Controbalzo, che sia un felice 2022 per tutti.

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