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Immagine del redattoreRiccardo Eger

Il brutto anatroccolo

Jiri Vesely risorge dal nulla e centra la sua prima finale in un ATP 500 dopo il calvario trascorso nella passata stagione, tra Covid e un incidente stradale. Il lungagnone ceco vanta un roseo passato nel circuito junior, il quale ha generato intorno a lui numerose aspettative, in larga parte disattese.



Ci sono alcune stats che soltanto i feticisti di questo sport ricordano con ilarità. Record e bilanci che nella pratica vogliono dire poco o niente, poiché nel tennis non esiste la proprietà transitiva e soprattutto perché le leggi della statistica ci insegnano che non si possono desumere leggi generali da analisi svolte con campioni troppo ristretti.


Ci sono diversi giocatori in attività che se smettessero ora potrebbero raccontare di essere in vantaggio negli scontri diretti contro Novak Djokovic, uno tra i tennisti in lizza per essere ricordato come il più forte di sempre. Il connazionale Krajinovic, Taro Daniel, Daniel Evans che riuscì a disinnescarlo a Montecarlo; anche Ivo Karlovic è in vantaggio 2-1, a differenza di altri big server come Raonic (0 vittorie in 10 confronti) o Isner (2 vittorie in 12 confronti). Riavvolgendo il nastro, troviamo altri giocatori che sono in positivo contro il campione serbo: Andy Roddick (5 a 4), Fernando Gonzalez (2 a 1), Marat Safin (2 a 0) e persino Filippo Volandri che vinse l’unica sfida a disputata a Umago nel 2004. Attualmente, tuttavia, sono soltanto due i giocatori in attività a essere in vantaggio nei testa a testa avendoci giocato più di una volta. Uno è Nick Kyrgios, che nella primavera del 2017 sconfisse il serbo due volte sul cemento americano, e l’altro, da ieri, è proprio Jiri Vesely, che aggiunge l’inaspettato capolavoro di Dubai alla vittoria ottenuta a Montecarlo nel 2016.



Jiri nasce a Pribram, in Boemia, nel 1993 e cresce affascinato dai successi di Lendl. Suo padre è un maestro di tennis e porterà in campo il figlio sin dalla tenera età. Il giovanotto dimostra una dedizione fuori dal comune, passando interi pomeriggi a colpire palline contro il muro di casa e diventando in breve tempo una stellina del tennis ceco, issandosi al primo posto del ranking junior in seguito alla vittoria degli Australian Open e alla finale negli US Open ottenute nel 2011. Date le premesse in Repubblica Ceca si aspettavano grandi cose, e non si può nemmeno dire che la sua sia stata una carriera completamente fallimentare. Di certo, però, la costanza non è mai stata il suo forte. Bisogna tornare al 2015, al suo primo titolo ATP, ottenuto ad Auckland, per trovare una striscia di sette vittorie consecutive. Nella scorsa stagione, proprio in questo periodo dell’anno ha contratto il Covid e la ripresa è stata lunga e complicata. Gli ci sono voluti mesi per riacquistare una forma fisica che gli consentisse di allenarsi senza perdere fiato. Subito dopo un’incidente stradale gli ha causato dei dolori al collo e lo ha costretto a staro lontano dai campi per un altro mese intero. Naturale conseguenza è stata l’uscita dai Top 100 e una nuova vita nella mestizia del circuito minore.



La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso. Così, il brutto anatroccolo Vesely, dinoccolato e apparentemente impacciato anche nella semplice deambulazione, limitato negli spostamenti laterali, gioca, vince, vanta un best ranking al numero 35. A fare da contrappeso a un fisico fragile e inadatto all’esplosività di questo sport, specie nella parte bassa, ci sono un servizio indecifrabile e dei colpi lineari e penetranti. Il tutto impreziosito dal sempre fastidioso mancinismo. Come nella fiaba danese, in questa miracolosa trasferta emiratina, Jiri si è risollevato ed è uscito dall’oblio. Il papero goffo e spennacchiato è diventato un meraviglioso cigno bianco.

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