Da piccolo non era una promessa. Gianluca era uno scolaro come tanti altri, il tennis non era la sua prima priorità. È emerso in controluce dal sobborgo dei Futures, in cui piano piano, a discapito dei molti detrattori, ha affinato il suo tennis molto esplosivo e, sulla carta, vincente. Qualche exploit, primo su tutti quello di Rio de Janeiro – uno degli ultimi tornei prima dello stop pandemico, battendo, tra gli altri, Ruud e Thiem – lo ha catapultato nei Top 100, un universo in cui fatica a trovare continuità nei risultati a causa di un temperamento bipolare; a tratti infuocato, a tratti quasi rassegnato.
Robert Louis Stevenson nasce il 13 novembre 1850 a Edimburgo e 36 anni dopo scrive Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde. La storia gotica del dottore gentiluomo e del signore malvagio è un grande classico dal fascino senza tempo. Il racconto ci pone di fronte a una grande scissione, non apparente, ma interiore, di due personalità che solamente coesistendo spaccano in due il soggetto, identificando un Io che si manifesta in forme molteplici. Ci sbatte in faccia questo grande paradosso: il dottor Jekyll non è mister Hyde, eppure è mister Hyde.
Una storia di resilienza
Gianluca Mager, nato a Sanremo da una famiglia di origine tedesca (ecco perché quel cognome particolare) ogni tanto non riesce a sopraffare un suo lato un po’ indolente, rinunciatario. In campo ha quell’atteggiamento un po’ naif, senza filtri, che se fosse “venduto” meglio lo potrebbe rendere un personaggio. È spuntato dal nulla, Gianluca Mager. Dopo una sfortunata squalifica per cannabis all’età di sedici anni, dopo aver iniziato a prendere sul serio il tennis a 19 anni, sotto la guida di Diego Nargiso, e dopo una salubre gavetta nel circuito minore.
Gianluca Mager sa giocare a tennis molto bene: servizio e dritto sono di ottima fattura, il rovescio è migliorabile ma tutto sommato solido, sa muoversi con agio in tutte le zone del campo. Ha vinto tanto sulla terra battuta, ma i suoi movimenti compatti lo renderebbero adatto anche alle superfici rapide. Come spesso accade, però, per fare il grande salto manca qualcosa. Esperienza, autostima, sfacciataggine. Gianluca Mager si può accendere da un momento all’altro, sbraitare come un gladiatore e poi spegnersi, silenziosamente, tornando un anonimo tennista, spesso inerme di fronte ad avversari non irresistibili.
Il recente torneo di Umago ne è stato un esempio lampante: al primo turno c’è voluto un bagel da Pedro Martinez per oliare gli ingranaggi e portare a casa con rabbia l’incontro per 0-6 6-3 6-3. Al secondo ha affrontato Daniel Altmaier, tedesco dotato di grande carica agonistica, proveniente dalle qualificazioni. Il primo set viene giocato a un’intensità incredibile da entrambi, un solo break nel decimo game inclina la bilancia in favore dell’italiano. Mager, arrivati a questo punto, esce dal campo, e continua a regalare punti su punti. Altmaier non si fa pregare e in un attimo vince il secondo 6-1 e sale 4-1 nel terzo. Qui Mager si riaccende, forse stimolato da alcuni rumorosi tifosi che si affacciano dal centrale sventolando il tricolore (il Grandstand, su cui si giocava la partita, quest’anno è chiuso al pubblico). L’incontro riacquista immediatamente dignità, gli scambi si allungano, Mager rientra in partita, non ponendo dubbi riguardo al fatto che se entrambi gli atleti esprimessero il loro massimo valore per tutto l’incontro, sarebbe superiore per distacco. Riacciuffa l’avversario e scarica un urlaccio, per spronare sé stesso, più che il pubblico (che, per inciso, non c’è). Prova in tutti modi a scuotersi e uscire da quel torpore avvilente e improduttivo in cui era invischiato, ma ormai è troppo tardi: è il tedesco a spuntarla, per 7-5.
Gianluca Mager dovrebbe prendere coscienza che il dottor Jekyll non è mister Hyde, ma è mister Hyde. Anzi, mister Mager. Ed è bene che lo sia. L’inconscio non è solo il male, l’irrazionale, il bestiale. Mister Hyde non deve essere peccaminoso a prescindere, anzi, la psicanalisi studia modalità per stringere alleanze con l’inconscio, per convogliare le nostre pulsioni in maniera sana e produttiva. Gianluca Mager dovrebbe essere più sé stesso, relegare il dottor Jekyll, fido e leale, capace di farsi scivolare addosso le cose, a momenti specifici del match. Deve convincersi di poter essere una star, uno di quelli per cui la gente paga il biglietto. Non l’antagonista, ma il protagonista. A quel punto, probabilmente, potremmo vederlo vittorioso molto più spesso, perché la sensazione è che a livello tennistico non ci sia poi così tanto da migliorare. Magari, chissà, anche nei tornei più prestigiosi, quelli in cui gli arbitri annunciano:
“Game, set and match, mister Mager.”
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