Una battaglia di tre ore e mezza, ma alla fine è ancora il "solito" Nadal a spuntarla in rimonta, 3-6 6-4 7-6. Torna a vedersi la migliore versione di Shapovalov, che nella prima ora e mezza pare baciato dagli dèi. L'auspicio di tutti gli appassionati è che riesca a esprimere questo tennis con continuità.
Potremmo parlare di tante cose.
Di un tanto millantato ricambio generazionale, di un Nadal che è sempre meno schiacciasassi sul rosso, di uno Shapovalov che troppo poco spesso vediamo in questa versione extra-lusso. Potremmo discutere a lungo di come Shapovalov sia riuscito ad aprirsi il campo spingendo sul dritto di Nadal, cosa rara, se non inedita. Di come Nadal sia rimasto attaccato al match con le unghie e con i denti, anche di fronte a un avversario che fino al 6-3 3-0 era sembrato ingiocabile. Potremmo parlare delle traiettorie mortifere che il canadese ha indovinato con il servizio, della ferocia agonistica dello spagnolo, dell’atmosfera surreale del centrale riempito a metà, del fascino ancestrale del Foro Italico. Dell’intelligenza strategica dimostrata (finalmente) da Shapovalov, grazie all'aiuto di Mikhail Youzhny. Del fatto che Nadal abbia fatto sue, nel corso degli anni, soluzioni che un tempo gli erano totalmente aliene, come per esempio la palla corta.
Ma cosa possono aggiungere le parole, rispetto alle immagini dei gesti tecnici visti oggi? Cosa si può fare di fronte a un rovescio al salto di Shapo, o a un passante in corsa di Rafa, se non spellarsi le mani di fronte al televisore e gioire di cotanta bellezza?
La partita di oggi è stata straordinaria.
Perché erano in campo la forza dell’eleganza contro l’eleganza della forza.
Per l’esaltante esplosività di Shapovalov.
Per l’infinita solidità di Nadal.
Per il “Vamos” urlato da Nadal quando si trovava sotto 6-3, 3-0 e 0-30.
Perché Shapovalov ha giocato una partita semplicemente fantastica, divina.
Perchè alla fine ha solo avuto “paura di vincere” come tutti i comuni mortali.
Non ha senso illuderci che sia finita un’era: Nadal, fatta salva qualche saltuaria battuta d’arresto, continua a essere dominante (la prova del nove sarà il Roland Garros) e la sensazione è che Djokovic starà lì in alto ancora però un bel po’.
Shapovalov, però, ci ha fatto capire è doveroso uscire dall’ordine idee secondo il quale il tennis debba essere necessariamente, per antonomasia, Federer, Djokovic o Nadal. Questi campanilismi hanno fatto parte del tennis per molto tempo e sicuramente rimpiangeremo questi grandi campioni. Tuttavia, c’è pronta una schiera di giocatori che a fasi alterne è in grado di esprimere un livello di gioco celestiale. Stiamo vivendo la fase più bella, quella di transizione, in cui la vecchia guardia ancora resiste ai ruggiti del nuovo che avanza.
Nadal, dal canto suo, ci ha ricordato che il più forte di sempre rimane lui. In 53 occasioni in cui ha affrontato giocatori mancini sulla terra rossa ha perso solo contro Horacio Zeballos a Viña del Mar nel 2013. Era il suo primo torneo dopo 8 mesi di stop a causa dell’infortunio al ginocchio...
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