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Immagine del redattoreEmy Damiani

Manuale di sopravvivenza

Aggiornamento: 13 apr 2023

Vorrei tanto smettere di essere triste, ma non so come si fa. Negli ultimi tempi questa frase mi è girata in testa più volte, mi ha consumata e vorrei sbarazzarmene. Che mesi difficili sono stati quelli appena trascorsi. Sembra una scena del film “Il corvo”: piove, piove, e non smette mai. Non ho mai con me un ombrello e Vale me lo diceva sempre che non dovevo dimenticarlo, che l’acquazzone è sempre dietro l’angolo; per fortuna, però, ho una penna e un taccuino e inizio a scrivere, perché scrivere è l’unica soluzione che conosco per prelevare il dolore dal petto e gettarlo via.


E il tennis che c’entra? Il tennis, in qualche modo, c’entra sempre. Da quando Federer non gioca più, non è più domenica. C’è una grande nostalgia nel vedere quei campi pieni di colpi, di racchette, di completini, e nessuno di questi che sono i suoi. C’è malinconia, per me, nel vedere ogni nuovo slam, ogni Master 1000, senza il Re. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo, e forse ora è anche anacronistico parlarne, ma come ci si stacca da un passato così?


“La spiegazione metafisica è che Roger Federer è uno di quei rari atleti preternaturali che sembrano essere esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche. [...] Dal 1960 in qua ci saranno altri cinque o sei esempi. E Federer rientra nel novero: nel novero di quelli che si potrebbero definire geni, mutanti o avatar. Non è mai in affanno né sbilanciato. La palla che gli va incontro rimane a mezz'aria, per lui, una frazione di secondo più del dovuto. I suoi movimenti sono flessuosi più che atletici. Come Ali, Jordan, Maradona e Gretzky, pare allo stesso tempo più e meno concreto dei suoi avversari. Specie nel completo tutto bianco che Wimbledon ancora si diverte impunemente a imporre, sembra quello che (secondo me) potrebbe benissimo essere: una creatura con il corpo fatto sia di carne sia, in un certo senso, di luce.”

Così David Foster Wallace parlava di lui nel capitolo “Federer come esperienza religiosa”, all’interno del saggio “Il tennis come esperienza religiosa”. I nati nel 90’ come me hanno vissuto tutta la parabola atletica di questo campione. Abbiamo gioito con lui al raggiungimento dell’ottavo Wimbledon, abbiamo pianto con lui la finale persa contro Djokovic, dopo aver avuto due match point nel quinto set, che gli sarebbe valso il nono slam verde. Abbiamo festeggiato a quota 100 titoli, lo abbiamo visto prima con il codino, poi con i capelli più corti, ma sempre con la fascia in testa.

Federer è stato bello perché è stato vero. E alle parole di Wallace, che lo idolatrano e lo descrivono come una divinità superiore, vorrei aggiungere che Federer ha saputo mostrare il sacrificio, la paura, la costanza, il duro lavoro, la passione e infine il dolore di dover smettere di fare la cosa che più amava fare. Lo abbiamo visto scomporsi in qualche rara occasione, e non c’è nulla di più genuino che vedere una persona di fronte non solo alle sue bravure ma anche alle sue debolezze. Questo mostrarsi vulnerabile allo scorrere inesorabile del tempo è stata la sua forza.


Che mesi difficili sono stati quelli appena trascorsi. Non ho più lavato i piatti in bagno, ma Andrea ancora non c'è più e io ho continuato a chiedermi i perché di tante cose con la stessa rabbia lacerante. Perché non riesco a cambiare il sistema? Perché non posso cambiare certe situazioni? Perché torno sempre a questa ontologia alienante, in cui lavoro e vita si fondono in una cosa sola, senza lasciare spazio ad altro?


E quindi vorrei tanto smettere di essere triste. Mentre lo penso, ecco che inizia l'Australian Open e arrivano le sorprese. Fuori al primo turno c'è già Matteo Berrettini, a seguire Rafael Nadal, Casper Ruud, Zverev, Fritz, Medevedev. Il ritiro di Kyrgios e l'infortunio di Alcaraz. Un tabellone altamente improbabile con dinamiche inaspettate.

Nel girone femminile arriva improvvisamente l'annuncio di Osaka: la tennista nipponica è incinta, e viene spiegata l'assenza degli ultimi mesi. Vediamo poi la numero uno Iga Swiatek arrendersi sotto i colpi di Rybakina, la stessa che ha arrestato la corsa di Vika Azarenka (tornata a disputare una semifinale agli AO dopo dieci anni). E finalmente la vittoria del primo slam di Aryna Sabalenka, dopo averlo inseguito per così tanto tempo.


Che mesi difficili sono stati quelli appena trascorsi. Forse inizio ad avere un'idea di come si scaccia la tristezza. Continuo a scrivere e a capire che le cose non sono mai le stesse. Tutto cambia mentre sembra restare uguale. E così Federer non gioca più, ma ci sono altri campioni a giocare. Ci sono Sinner e Alcaraz, che ci hanno regalato la partita più bella del 2022 (la semifinale dello Us Open); c'è Kyrgios, tutto genio e sregolatezza; c'è Holger Rune, un'altra mina vagante. Io non dormo più, ma troverò un altro letto in cui dormire. Non lavoro più, ma troverò un altro lavoro da fare. E allora capisco Fisher quando diceva che:

"L'evento più minuscolo può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha segnato l'orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile".

Andrea purtroppo ancora non c'è più, ma la sua voglia di cambiare le cose resta. E questa voglia l'ha insegnata pure a me.

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